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Kitchen Project Compagnia Teatrale
Spettacolo teatrale
EPOCHE’ viaggio immaginario nelle metamorfosi

Kitchen Project Compagnia Teatrale<br />Spettacolo teatrale<br /><strong>EPOCHE’ viaggio immaginario nelle metamorfosi </strong>

EPOCHE’
Viaggio immaginario nelle metamorfosi di Ovidio

Drammaturgia: Franca Pretto
Regia: Franca Pretto e Gianni Gastaldon
Ideazioni Coreografiche: Franca Pretto
Coreografie: Marta Giovanna Tabacco
Musiche: Cristiano Fracaro
Disegno luci: Gianni Gastaldon

con
Franca Pretto
Marta Giovanna Tabacco
Margherita Zazzera

Costumi: Emanuela Lunardon Atelier Essenziale e Laura Bianchin
Vocal: Alan Bedin, Sabrina Turri
Riprese video: Eva Venzo
Foto di scena Silvana Gallio
Produzione: DODO s.a.s

Due danzatrici stanno allestendo la scena, giocano tra loro, provano un passo di danza a due, passano ben presto dalla complicità alla competizione, dal gioco alla prevaricazione reciproca. Ma l’entrata in scena di una figura antica le condurrà in un percorso fatto di domande, disappunto, riflessioni sull’abitudine, la pessima abitudine di prevaricare, etichettare, sminuire gli altri, spesso sotto l’ala nera dell’invidia, sempre sotto il fango del pregiudizio.
Uno spettacolo incalzante tra classico e contemporaneo, in cui la narrazione e la danza si fondono in un equilibrio continuo tra parole, corpi e musiche, su una scenografia fortemente evocativa.

Epochè, ovvero la sospensione del giudizio, è un viaggio immaginario nelle Metamorfosi di Ovidio, epifanie senza tempo delle caratteristiche umane, per inseguire e mettere in scena un’idea, al di là della primitiva fascinazione che ogni trasformazione porta con sé. Un’idea che  grida e reclama  il diritto di ogni individuo ad essere visto per ciò che è nella ricchezza del suo essere. Un’idea che si chiede perché sia tanto difficile la sospensione del giudizio, o meglio del pregiudizio, e invece sia tanto facile e comune sparlare degli altri e spesso senza una ragione sufficiente.
Le opere classiche ad ogni rilettura fanno sbirciare da nuove porte, magari non notate in precedenza, e sfiorano l’immaginazione con ali di quesiti sospesi nel vortice dei pensieri e delle evocazioni. In questo disorientamento senza risposte, a volte è sufficiente allungare una mano ed afferrare fra le dita un filo per seguirlo dipanarsi nel messaggio di cui è portatore.

Questa volta il filo porta ad esaminare un comune modo di pensare che, serpeggiando capillare e predatorio, si è radicalizzato nella nostra cultura al fine di definire,  incasellare, parcellizzare sempre più l’individuo, trascurando, deridendo o screditando le sue potenzialità e diversità.

Nelle metamorfosi di Ovidio analizzate, ognuna di queste donne è stata trasformata nel suo desiderio, nella sua peculiarità, nel suo vanto, nel suo piacere: Dafne che non voleva conoscere uomo e desiderava rimanere illibata, viene tramutata per sempre in una pianta di alloro, con la sua corteccia forte e spessa che la rende impenetrabile e protetta, garanzia della sua integrità; Niobe, che si vantava di essere la madre feconda e prolifica, viene pietrificata, Mater Dolorosa, nell’atto di piangere la morte di tutti i suoi figli, sorgente perpetua d’acqua, generatrice di vita; Aracne l’abile tessitrice che vive della perfezione di quest’arte fino a sfidare la dea Athena, diventa ragno che fila e tesse ricami impalpabili e perfetti per tutta la vita, sua e della sua discendenza. In ciascuna di queste metamorfosi, ogni vanto, desiderio, capacità, piacere vengono riconosciuti sì, ma congelati, cristallizzati senza nessun’altra possibilità. Avviene così la sublimazione di una caratteristica con cui ciascuna di queste donne voleva identificarsi ed affermarsi nella società e di contro la totale castrazione su qualsiasi altro fronte. Nessun diritto ad essere riconosciuto per altri valori umani, per altre potenzialità, altri colori. Nelle Metamorfosi di Ovidio le trasformazioni certamente danno vita a degli archetipi, ma il testo classico porta a galla una riflessione riguardo a un modello ricorrente nel pensiero collettivo del nostro vivere quotidiano: la facilità e la superficialità con cui si è soliti incasellare gli altri, o per pregiudizio, o per pigrizia mentale, o ignoranza, o per invidia e debolezza.

Un’ottica restrittiva dei diritti e delle identità della persona che resta incasellata in un’unica specificità, spersonalizzata, catalogata.

Etichette sociali, ruoli paralizzanti, direzioni a senso unico, gabbie anguste in risposta a chi prova ad andare oltre il consentito, a chi vuole spostare in avanti i propri confini per affermarsi oltre ciò che si pensa il destino, cioè la società gli abbia riservato. Un raccapricciante e feroce gioco di Hybris e Nemesis per chi vuole determinare la propria vita, mettersi alla prova mangiando il frutto proibito. E soprattutto per le donne la storia si ripete nell’essere sempre preda di qualcuno, preda dei pregiudizi e delle malelingue, di chi le vuole ricacciare nel nulla calpestandone la dignità e l’identità.

E quel filo d’intuizione afferrato fra le dita conferma che i testi classici ci costringono fortunatamente a guardare nell’attualità della nostra cultura contemporanea.
Perché si può riuscire a cogliere i pregiudizi che limitano la nostra visuale e condizionano il nostro pensiero.
Costa fatica ed impegno, ma si può riuscire a smascherare i contesti sociali che costruiscono etichette di identità false e svilenti.
Si può riconquistare il centro della propria dignità e della libertà individuale. Faticosamente, ma si può.

Video trailer1: https://www.youtube.com/watch?v=cLpVs1thjTM
Video trailer2: https://youtu.be/mo1kN_EfYQw

Scarica la scheda artistica di Epoché: formato PDF   –  formato word
Scarica la scheda tecnica di Epochè:    formato pdf   –   formato word


PER CONTATTI:   Gianni Gastaldon 335 5625286      –     info@spaziokitchen.it


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